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Lo sharenting (o oversharenting) è un termine utilizzato per descrivere l’eccessivo uso dei social media da parte dei genitori che condividono in maniera esagerata contenuti (fatti, fotografie, video…) dei propri figli. Lo sharenting è legato al concetto di troppe informazioni e identifica il tema di sovraesposizione dei bambini in Internet.
Il termine sharenting è stato coniato dal Wall Street Journal; in particolare, con il termine oversharenting si intendeva indicare le troppe condivisioni (oversharing) ad opera dei genitori (parenting).
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Molti genitori, appena diventati genitori, diventano vittime/autori dello shartening: in tanti patiscono la questa mania dell’abuso di social network soprattutto mediante condivisione di molte fotografie nei profili Facebook personali.
La diffusione delle immagini di minori hanno portato a una reazione da parte di siti di anti-sharenting, con applicazioni che bloccano le immagini.
Alcuni sondaggi condotti su genitori di vari paesi hanno evidenziato che il 90% dei genitori australiano ha ammesso a un eccesso di condivisione di contenuti dei propri figli, percentuale che sale al 95% tra i genitori irlandesi. Secondo uno studio pubblicato nel 2015 da una società inglese, in ogni anno di vita un bambino si ritrova con circa 200 nuove immagini nel web inserite dal genitore. Molti bambini fanno il loro debutto nel web sotto forma di fotografie in bianco e nero: la pubblicazione di ecografie su Facebook è ormai un must dei futuri genitori.
Il tema è estremamente rilevante anche dal punto di vista della tutela alla riservatezza. Se l’adulto del ventunesimo secolo ha potuto decidere cosa rendere pubblico di sé e cosa no, i minori dei tempi d’oggi hanno una vita parallela riprodotta all’interno della rete a causa di immagini e informazioni che li riguardano a causa della smania di alcuni genitori nel condividere informazioni sui propri figli. Certo che queste pubblicazioni non sono frutto di azioni finalizzate a danneggiare i propri figli, ma di fatto ciò può accedere.
Sebbene Facebook rappresenti senza dubbio il principale contenitore di questo genere di materiale, altri strumenti come gruppi di Whatsapp sono spesso utilizzati per condividere le fotografie dei propri figli. Fotografie e video di cui si perde il controllo e la cui destinazione dipenderà da ogni persona che è entrata in possesso di quel materiale. Si pensi anche al caso delle foto profilo di Whatsapp: in quel caso, sebbene si pensi che solo i propri “amici” o conoscenti possano vedere quella fotografia, in realtà chiunque registri quel numero in rubrica potrà poi vedere, copiare, divulgare quell’immagine.
Si pongono tutta una serie di questioni relative alla protezione del minore nell’epoca dello sharenting. Se da un lato i genitori si riempiono la bocca con il termine privacy, chiedendo alle maestre dell’asilo di tutelare la privacy dei propri figli anonimizzando i registri giornalieri di pasti e condizioni di salute, dall’altra parte non percepiscono che sono proprio loro a violare il diritto all’anonimato nel web dei propri figli. Quindi accade che sono proprio loro i primi che, con la mania dello sharenting, pubblicano fotografie del proprio figlio sui social network.
Un tema fortemente connesso allo sharenting è – tra gli altri – quello della pedopornografia, con le fotografie di minori pubblicate in Internet finiscono spesso nel circuito di scambio dei pedofili. Si pensi ad esempio alle fotografie dei minori scattate dai genitori al mare.
Le fotografia digitali infatti sono corredate da una serie di dati (i cosiddetti metadati) che consentono di risalire a importanti informazioni, tra le quali ad esempio le coordinate GPS di longitudine e latitudine di scatto, che consentono di collocare il soggetto rappresentato nello spazio.
Ma come può un minore difendersi dal fenomeno dello sharenting? Come può essere consapevole delle conseguenze futuro, ad esempio di come potranno essere usati i dati presenti nel web da parte di un futuro possibile datore di lavoro? A livello europeo si sta lavorando affinché il cittadino, una volta diventato adulto, possa avere il diritto di chiedere la rimozione dei contenuti immessi in rete quando era minore.
Altro ambito rilevante per lo sharenting è il diritto di famiglia: infatti in caso di separazione o divorzio la produzione di prove informatiche – ad esempio acquisizione di pagine Facebook – può essere fondamentale per rilevare le condotte del genitore ai fini dell’affidamento del bambino.